giovedì 26 giugno 2008

Riconoscere il Signore nel momento del dolore

Sono sempre più convinto che il volto del Signore va riconosciuto nei fratelli che tutti i giorni incrociamo sulle nostre strade; spesso però le persone che incontro, vivono una particolare esperienza di dolore e con loro sguardo, sembra, mi interroghino sul senso della vita e sul perché del loro dolore.
Da qualche giorno, la mia comunità si sta confrontando con una particolare esperienza di dolore; un bambino di 16 anni circa, mentre giocava ha avuto un incidente e adesso è ricoverato in terapia intensiva e sta lottando per la vita.
Dio che ha fatto, Incarnandosi, la scelta degli ultimi, della povertà e della sofferenza, rimane affianco di questo bambino e della sua famiglia a dare la forza e mantenere viva la speranza; é lì che lo dobbiamo riconoscere il Signore. Il suo volto misericordioso e compassionevole è lì che dobbiamo imparare a scorgerlo.
Nello stesso tempo siamo chiamati noi, con le nostre fragilità, a riproporre la Sua presenza li dove l'uomo soffre e spera.
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Uniamoci in preghiera per questo ragazzo e per la sua famiglia.
Pace e bene

sabato 21 giugno 2008

Riconoscere il Signore

Siamo alla dodicesima domenica del tempo ordinario, e continua il discorso di Gesù sul discepolato.
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Oggi, il Signore richiama ciascuno di noi a riconoscerlo senza paura e senza vergogna di fronte agli uomini del nostro tempo; riconoscerlo che significa testimoniarlo!
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Riconoscerlo, significa, scoprire che è un Padre e che è la fonte della nostra felicità!
Riconoscerlo, significa, portarlo con noi fra le strade della nostra città, dove viviamo e lavoriamo; riconoscerlo, significa, far pesare la Sua presenza nelle nostre relazioni e sulle nostre scelte.
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Riconoscerlo , significa, fidarsi di Lui, sentirsi sorretti da Lui e affrontare ogni prova con Lui che rimane al nostro fianco.
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Pace e bene, buona domenica.

sabato 14 giugno 2008

Figlio perchè fratello

Chiamati e inviati testimoniare e far conoscere la compassione Dio per ogni suo figlio; noi stanchi e sfiniti, Lui buon samaritano che ci si mette affianco per farci gustare la sua consolazione e mentre ci consola, mentre si prende cura di noi, ci manda a far conoscere la sua misericordia e la sua consolazione a tutti i fratelli che incontreremo sulla nostra strada.
L’esperienza, che abbiamo fatto di Lui, del suo Amore, della sua Consolazione, non è un tesoro da tenere gelosamente per noi ma va condiviso con i meno fortunati di noi.
Oggi, noi siamo gli apostoli che egli chiama, dopo avere avuto compassione delle folle, oggi noi siamo i discepoli guardati con occhio attento e chiamati a uno e uno per nome, scelti con i nostri doni e i nostri limiti per portare frutti; oggi noi siamo gli apostoli mandati a portare la Sua consolazione ai poveri e ai sofferenti e a far conoscere fino agli estremi confini della terra il suo amore.
Di fronte alla compassione di Dio siamo chiamati a riconoscerci figli nel Figlio, amati in modo unico e irripetibile da Dio; e allora se tutti siamo figli, nasce l’esigenza di far conoscere a tutti i nostri fratelli questa bella notizia: essere amati da figli d un Padre speciale!
Solo nell’andare verso i miei fratelli condividendo quest’amore, si realizza la mia vocazione di figlio amato.
Pace e bene e buona domenica

lunedì 9 giugno 2008

Amicizia un dono che ti arricchisce

Da quando sono in seminario, il Signore mi ha fatto vivere amicizie e incontrare persone, che arricchiscono la mia vita; aiutandomi quotidianamente a ri-dire il mio SI al suo progetto.
L'esperienza di Curinga che mi ha fatto prendere maggiore consapevolezza su quella che sarà la mia vita da sacerdote, è una di quelle esperienze che sta continuando ad arricchirmi... ieri sera i ragazzi con cui abbiamo condiviso diversi momenti insieme, sono venuti a trovarci in seminario ed è stata subito festa; pregare il vespro insieme - mangiare insieme nel nostro refettorio - passeggiare e mangiare un gelato dopo cena, è stata una piacevole pausa nel vertiginoso tempo degli esami.
Abbiamo sperimentato la gioia di ritornare bambini, fortificando un amicizia che in Cristo sta diventando giorno dopo giorno dono per la mia vita.
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Una storia per gli amici di Curinga e per gli amici a cui voglio un bene da morire:
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Un giorno, un giovane volle consultare un anziano su un problema che gli stava a cuore."Mio signore", gli disse, "voglio confessarti una cosa: non riesco ad avere un amico. Mi sapresti dare un consiglio?"L'anziano sorrise e rispose: "Posso solo dirti di me. Quando ero ragazzo fra cento ragazzi, ne ebbi uno, di amico. Fu una cosa bellissima che diede i suoi frutti e poi terminò. Quando divenni adulto fra mille adulti, ne ebbi un altro, di amico. Fu una cosa bellissima, ma l’amico morì ed anch’io mi sentii morire. Ora che sono diventato anziano fra diecimila anziani, adulti e giovani, ho rinunciato ad avere un amico e ho preferito esserlo io, un amico, ogni giorno e ogni ora, di qualcuno che non so chi sia e non so dove sia". "Non dev’essere facile...", mormorò il giovane."Forse non lo è, perché cercare di essere amico significa, prima di tutto, rinunciare ad averne uno. Ma forse lo è, perché proprio rinunciando ad averne uno se ne possono avere tanti". "Non si saprà mai chi saranno?", domandò il giovane. "Mai. Tenere il cuore spalancato perché tutti vi possano entrare, dare sempre fiducia perché tutti ne possano attingere, rispettare ognuno perché ognuno si senta se stesso ti rende, insieme, amato ed odiato, incomprensibile ed imprendibile. Chi cerca di essere amico, è un po’ come il mare, fatto di tenera acqua, ma acqua salata. Chi ha come amico il mare, me lo sai dire?" "Il cielo", rispose il giovane. "Infatti. Chi cerca di essere amico può solo sperare che il cielo gli sorrida; e che i gabbiani non smettano di posarglisi sopra". A questo punto il giovane tacque a lungo, avvolto in profondi pensieri. Poi guardò l’anziano con uno strano sorriso e gli chiese: "Mi permetti di essere un tuo gabbiano?" L’anziano gli rispose: "Benvenuto!"

GRAZIE AMICI D'ESISTERE

venerdì 6 giugno 2008

X domenica del tempo ordinario Mt 9,9-13

ascoltiamo la Parola:


Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.

Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori? ”. Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.

Meditiamo la Parola:

La legge condanna il peccatore, Cristo lo accoglie!

La Sua vicinanza, nella mia storia, è la vera medicina; il peccato non impedisce l’esperienza di Dio la facilità, perché chi più è nel bisogno più è pronto ad accogliere chi gratuitamente si fa vicino per risanare e non per condannare.

Matteo alla chiamata di Gesù si alza - passa, cioè, da una situazione di morte e di peccato a una situazione di vita e d’amore; dalla sicurezza di un lavoro redditizio all’avventura della sequela; si scopre non più solo ma vive nuove relazione e impara a condivide.

L’incontro con Cristo:

  • Ci fa prendere consapevolezza di chi siamo veramente
  • Ci aiuta ad accorgerci dell’altro e ad accoglierlo; non siamo solo noi a soffrire, a sbagliare ecc. ma c’è ne sono altri con cui siamo chiamati a condividere e a lasciarci amare da Dio.

Per sedere a tavola con Cristo, cosa che non riescono a fare i farisei, occorre lasciare il proprio ruolo. Gesù ci guarisce fermandosi con noi, il vero peccato è non godersi la sua presenza; Egli condivide la nostra storia, è questa la misericordi a cristiana: condividere – amare – perdonare.

lunedì 2 giugno 2008

messaggio di tenerezza

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato sulla sabbia
accompagnato dal Signore
e sullo schermo della notte erano proiettati
tutti i giorni della mia vita.

Ho guardato indietro e ho visto che
ad ogni giorno della mia vita,
apparivano due orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.

Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.

Allora mi fermai guardando indietro,
notando che in certi punti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con i giorni
più difficili della mia vita;
i giorni di maggior angustia,
di maggiore paura e di maggior dolore.

Ho domandato, allora:
"Signore, Tu avevi detto che saresti stato con me
in tutti i giorni della mia vita,
ed io ho accettato di vivere con te,
perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti
più difficili?".

Ed il Signore rispose:
"Figlio mio, Io ti amo e ti dissi che sarei stato
con te e che non ti avrei lasciato solo
neppure per un attimo:

i giorni in cui tu hai visto solo un'orma
sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio".

domenica 1 giugno 2008

Ascoltare la Parola e viverla: questa è la vera fede, questo è ciò che conta davanti a Dio

IX domenica del tempo ordinario: Mt 7,21-27
Quanti di noi si professano cattolici pur andando a messa solo a Natale e a Pasqua!
Quanti si professano cristiani pur non accettando la logica del perdono e della gratuità, del primato dell'amore fraterno!
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Siamo tanto bravi a fare tante cose, anche belle, in nome di Dio: feste - raccolte di beneficenza ecc. Ma questo non basta!
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Cristo non s'impressiona dei nostri bei miracoli, dei nostri numeri neanche delle nostre, sole, emozioni di fronte all'ascolto della sua Parola: dalla Parola dobbiamo passare ai fatti; non possiamo lasciare sterile il Vangelo dobbiamo metterlo in pratica ognuno nella misura della sua vocazione. Vivere in coerenza con la propria fede, nell'ascolto della volontà del Padre, nella vita di tutti i giorni di fronte alle grandi e piccole scelte che quotidianamente siamo chiamati a fare.
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Dio potrà dirci, alla fine della vita, "non vi conosco", se non ci saremo sforzati di far prendere carne alla sua Parola; il conoscere in senso biblico e l'intimità sessuale che vivono due sposi; non essere conosciuti da Dio equivale a non vivere l'intimità con Lui ne sulla terra ne per la vita eterna.
Anche, solo, un piccolo germoglio del Suo amore in noi ci introdurrà all'intimità con Lui, a noi l'impegno di sforzarci a costruire la casa sulla roccia iniziando pian piano a metter in pratica il suo Vangelo.
Allora anche noi potremo dire di cooperare al mistero dell'Incarnazione: permettendo alla Parola di Dio di prendere carne nella nostra carne, come fu per Maria.
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Buona domenica